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Quindi, data la sconfinata conoscenza dell’establishment medico in tempi di crisi, è più che strano che non sappia perché giovani adulti apparentemente sani in tutto il mondo stiano morendo in quantità senza precedenti. È insolitamente perplesso: afferma che non ci sono indizi su questo fenomeno inquietante.
È in preda a una paralisi della conoscenza così inusuale che sembra incapace di esplorare linee di indagine ovvie, come ad esempio porsi domande del tipo: quand’è stata l’ultima volta che i governi di tutto il mondo hanno messo uno stivale sul collo di ogni cittadino adulto per iniettargli nuovi “vaccini” che impiegano una tecnologia sperimentale basata sui geni e testata in condizioni di controllo di qualità che farebbero scuotere la testa ai comuni spacciatori di crack?
Cosa c’è in un nome?
Una volta svelato il mistero della peculiare epistemologia dell’establishment medico, si comincia a capire che il modo in cui arriva a “conoscere” le cose è direttamente collegato al modo in cui definisce i problemi che cerca di risolvere. Per le persone che pensano in maniera ristretta, il problema dei giovani che muoiono inspiegabilmente è un problema medico. Ma per i pensatori senza limiti a capo dell’establishment medico, si tratta di un problema di pubbliche relazioni. Attraverso questa lente, l’ovvia linea di indagine sulla vaccinazione sperimentale di massa viene esclusa perché troppo razionale, troppo minacciosa per la sua reputazione e troppo poco redditizia.
La soluzione a questo problema di pubbliche relazioni consiste nel riconfezionarlo in modo che venga visto come un mistero medico insolubile, insolubile come il mistero della vita stessa, un mistero di cui si può discutere in termini filosofici ma che non si può mai affrontare in modo pratico. I misteri più insolubili sono quelli che esistono dalla notte dei tempi e che continuano a non essere svelati. Questo è assiomatico alla qualità dell’insolubilità: Platone, Seneca, l’Aquinate, Voltaire e Heidegger avranno fatto tutti del loro meglio eppure oggi siamo qui, senza saperne di più. È necessario gettare il seme nella mente dell’opinione pubblica che questo non è un problema nuovo, sorto in concomitanza con la vaccinazione sperimentale globale di massa, ma che è “una cosa” fin dagli albori della medicina.
La chiave di ogni gestione narrativa di successo è dare un nome al problema. Quando Edward Bernays, il padre della propaganda, fu incaricato dall’industria del tabacco all’inizio del XX secolo di rompere il tabù contro le donne che fumavano sigarette, non le chiamò bastoncini del cancro. Le chiamò torce della libertà. Con un ingegnoso tratto di penna, l’industria del tabacco raddoppiò il suo mercato nel giro di una notte e le donne ottennero il diritto al cancro ai polmoni.
In modo simile, la società deve capire che i giovani adulti che muoiono inspiegabilmente prima del tempo sono il risultato di una vera e propria malattia dalle cause insondabili – una cosa misteriosa e tuttavia propriamente medica – e non un possibile crimine contro l’umanità.
A prima vista, il nome che è stato scelto non dà la certezza che siano state arruolate le migliori menti mediche nella sessione di brainstorming. Ma di certo ha un’aria di “fa quello che dice“. È in parte per questo motivo che la Sindrome della morte improvvisa dell’adulto (“SADS”) è un colpo di genio del marketing. Ha un acronimo facile da usare, che si adatta con disinvoltura all’esito tragico, ma è anche facilmente accessibile a toni autorevoli dopo tre pinte al pub. Questo è il 90% della battaglia per far capire al pubblico, senza mezzi termini, che la SADS è “una cosa“. Una cosa seria. È una parola che si pronuncia facilmente, ma non è così sciocca da sembrare l’incipit di una storia assurda sviluppata da un concorrente di una puntata di “Would I Lie to You” della BBC One.
Per quanto riguarda l’establishment medico, la percezione che la SADS su questa scala sia un fenomeno globale recente deve essere contrastata in quanto potrebbe essere associata a un nuovo grande evento, come la vaccinazione sperimentale di massa di Covid-19. Quindi no, la SADS non è nuova. Esiste da secoli. E di sicuro, una ricerca su Google sembra suggerire che la SADS esiste da tempo quanto il cancro. Ma l’indagine di Allan Stevo, che ha utilizzato il suo “Webster’s Encyclopaedic Unabridged Dictionary of the English Language del 1992” (un dizionario enciclopedico non abbreviato di 8,6 libbre) – che è insensibile alla rielaborazione algoritmica – rivela che il termine non esisteva nel 1992. Ma di chi vi fiderete: delle colorate pagine digitali di Google o delle antiche pergamene fatiscenti del Webster’s Encyclopaedic Unabridged Dictionary of the English Language?
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Ok, ho scelto un manifesto di propaganda nazista da confrontare con l’allegro dottore australiano sorridente. È di cattivo gusto? Personalmente, non credo. Il nuovo e coraggioso mondo di oggi, fatto di mascheramenti forzati, chiusure forzate e sperimentazioni mediche forzate, deve essere affrontato con paragoni coraggiosi. I nazisti di ieri non amavano l’autonomia corporea e nemmeno gli australiani di oggi (o i canadesi, o gli austriaci, o i francesi, [o gli italiani] se è per questo). Sto forse dicendo, in modo poco velato, che il mondo occidentale sta diventando ciò che ha combattuto 75 anni fa? Solo se si crede che le persone siano state derubate del diritto umano al consenso informato volontario, perché costrette a prendere i “vaccini”. Vaccini che, sia chiaro, non hanno assolutamente nulla a che fare con l’attuale ondata di morti improvvise di adulti in tutto il mondo.
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Tratto da The Medical Community is Baffled by SADS But “Whatever You Do Don’t Solve the Mystery”