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Haidt definisce questo processo il Grande Ricablaggio, una descrizione piuttosto grandiosa coniata per riflettere i monumentali cambiamenti sociali a cui abbiamo assistito tra il 2010 e il 2015. I cervelli della generazione Z sono stati “ricablati” dal mondo online; la domanda è: è possibile riportarli alle impostazioni di fabbrica? Possiamo ricominciare da capo e fare in modo che la prossima generazione non soffra nello stesso modo? I segnali, per ora, non sono buoni.
La portata della nostra negligenza come adulti sembra sorprendente. Tutto ciò che consideriamo un fondamento essenziale per un’infanzia sana è stato stravolto dai telefoni cellulari e dall’accesso alle applicazioni che creano dipendenza.
Le statistiche citate da Haidt sono sconfortanti: Il 46% degli adolescenti dichiara di essere “quasi costantemente” online; le diagnosi di ansia tra i giovani tra i 18 e i 25 anni (negli Stati Uniti) sono aumentate del 92% dal 2010; quasi il 40% delle ragazze adolescenti nel Regno Unito che trascorrono più di cinque ore al giorno sui social media è stato diagnosticato come clinicamente depresso. In questo gruppo l’autolesionismo è triplicato e i tassi di suicidio di ragazze e ragazzi tra i 10 e i 14 anni sono aumentati rispettivamente del 167% e del 92%. E così via, un susseguirsi di disgusto per se stessi e di alienazione.
L’“infanzia basata sul telefono”, rispetto a quella tradizionale basata sul gioco, ha fatto sì che i nostri figli dormano meno, giochino meno con gli amici, parlino meno con gli adulti e leggano meno libri rispetto alle generazioni precedenti. Nel frattempo, i fratelli tecnologici di Palo Alto guadagnano miliardi progettando “anelli di feedback di convalida sociale” per sfruttare, come ha detto Sean Parker, il primo presidente di Facebook, “una vulnerabilità nella psicologia umana” che ci rende dipendenti dalla dopamina dei “mi piace” e dei “retweet”.
È interessante notare che i vertici di Meta, Google, Apple e Microsoft mandano i loro figli in scuole come la Waldorf School of the Peninsula, che vieta tutte le tecnologie.
Per Haidt, gli smartphone sono disastrosi per il cervello degli adolescenti. Ma c’è di peggio, perché questo nuovo mondo online non protetto ha coinciso con l’iperprotezione dei nostri figli nel mondo reale. A partire dagli anni ’80, i bambini sono diventati sempre più incapaci di correre rischi fisici giocando o andando a piedi a fare la spesa o a scuola. Il “pericolo degli estranei” – la paura dei predatori di bambini – e la più comprensibile diffidenza dei genitori nei confronti del traffico, hanno reso i parchi giochi noiosamente sicuri e i momenti di gioco supervisionati mentre l’indipendenza fisica è stata di fatto bloccata.
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Fonte/estratto da Why tech execs don’t give their kids phones